Scivoloso come un piano inclinato

Ci sono ancora pochi giorni di tempo per iscriversi a questa serie di incontri che, per una serie di belle coincidenze, mi sono trovato ad aiutare a organizzare in una collaborazione tra la GAMeC di Bergamo e l’Accademia di Belle Arti G. Carrara, sempre a Bergamo, dove insegno.

Qui di seguito il testo di presentazione:

La GAMeC presenta Camera con vista, un ciclo di incontri progettato dai Servizi Educativi del museo in collaborazione con Luca Andreoni – fotografo e docente all’Accademia di Belle Arti G. Carrara di Bergamo, che si propone di analizzare l’importante e delicato rapporto tra la fotografia e il mondo dell’arte, attraverso contributi di importanti studiosi e testimonianze di autori di rilievo che hanno vissuto sul campo il passaggio cruciale tra il definirsi fotografi e l’essere chiamati artisti.

Vi sono sempre stati artisti che hanno usato la fotografia quale tecnica per i propri lavori, e che già in anni lontani sono stati ben accolti nel sistema dell’arte che in Italia, tuttavia, ha spesso escluso i fotografi – per i quali questa non è una semplice tecnica bensì una profonda ragione di vita. Autori che hanno fondato la loro esperienza su questa disciplina, spesso anche a cavallo tra attività professionale e di ricerca, e che solo in anni recenti hanno trovato spazio e attenzione da parte del mondo dell’arte.

Obiettivo di questi appuntamenti è quello di investigare le ragioni e illustrare i cambiamenti avvenuti in Italia negli ultimi decenni riguardo al modo in cui l’arte si rapporta alla fotografia, la cui presenza si è diffusa nelle istituzioni, nelle gallerie commerciali e nel collezionismo.

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Sarò molto curioso di vedere cosa diranno gli artisti e gli studiosi che ho pensato di invitare (nell’ordine: Elio Grazioli, Francesco Zanot, Francesco Jodice, Luca Panaro, Vittore Fossati, Mario Cresci con Giacinto Di Pietrantonio) perché l’argomento è antico quanto la fotografia e scivoloso come un piano inclinato. Va anche detto che a molti questo sembra un argomento superato – ma i fatti, particolarmente in Italia, dimostrano che non è così. E se è vero che in tempi recenti i contorni di quella che è stata una vera e propria separazione stanno sfumando, in particolare tra i più giovani, e i fotografi stanno iniziando ad utilizzare le tattiche e le strategie tipiche degli artisti, il problema rimane. Credo dunque che ci sia ancora molto bisogno di riflessione teorica sull’argomento, così come della raccolta e analisi delle esperienze concrete dei fotografi che si trovano in prima linea nell’affrontare le questioni, i pregiudizi, le abitudini del mondo dell’arte.

Segnalo qui, perché mi pare a proposito, anche il primo di un ciclo di cinque interventi di Ekaterina Degot che nei mesi scorsi ho seguito con attenzione. Provengono dal blog del Fotomuseum di Wintherthur, una vera miniera di riflessioni interessanti. I link ai post successivi si trovano man mano in fondo ai post stessi, a partire dal primo. Sono brani lunghi, impegnativi e in inglese: perfetto!

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