Bisogna imparare a pescare

Pochi giorni fa ho pubblicato sul blog un post che riproduce una mail che avevo mandato a un amico, una lista molto personale e mirata di ragioni per le quali lo definivo artista. Credo sia stata letta anche come una sorta di checklist nella quale più o meno riconoscersi (non lo era!) e mi sono arrivati, sia in via privata che sulla mia pagina facebook, alcuni commenti. Maurizio Montagna, in particolare, ha fatto due interventi (inframmezzati da una mia breve risposta) piuttosto lunghi e appassionati, che voglio riprodurre qui nel blog – sia per farli sfuggire alla dittatura divorante di facebook, che ne farebbe presto sparire la sostanza, sia perché li ritengo interessanti nel loro essere testimonianza dello stato d’animo che credo in queste fasi storiche molti fotografi condividano. È un testo scritto di getto, in sostanza più una trascrizione diretta di un flusso di pensieri che un testo limato e meditato – Maurizio Montagna è stato d’accordo nel riprodurlo così anche qui, senza particolari interventi o riscritture.

 

Le migliori “trote” che ho preso hanno abboccato con le mosche “sbagliate”, lì ho capito che spesso le regole servono per non farti pensare ed essere curioso della realtà che stai vivendo.
Nonostante questo potrei fare una lista di intendimenti per essere un buon pescatore a mosca, del tipo:
Impara a leggere il fiume, conosci perfettamente i pesci che vuoi insidiare, studia approfonditamente lo stadio vitale degli insetti, controlla con cura l’attrezzatura da pesca, cerca di avere a disposizione tutte le imitazioni possibili di insetti vivi o morti e allenati molto nel lancio e nella tecnica di recupero, ovviamente inizia a pescare ad un’ora adeguata…
…poi, ti accorgerai che nella giornata memorabile di pesca che ricorderai tutta la vita tutte le regole che ti sembravano assolutamente necessarie non ti sono servite assolutamente a nulla.

Ti sentirai un gran pescatore solo quando, comprendendolo profondamente, non sentirai necessario farlo presente ad alcuno e palesarlo con ostentazione, anzi sarà un segreto che gelosamente custodirai nel cuore, cosciente che l’avrai condiviso, con il fiume, le montagne, la trota che hai catturato alla quale poi magari hai donato la libertà…

La libertà, quindi l’amore e il rispetto per la “disciplina” artistica (la pesca a mosca è un’arte) che si sta praticando e quindi altrettanto rispetto per gli altri pescatori, prendendo coscienza che ognuno di loro un giorno o l’altro vivrà una giornata di pesca memorabile, e non saranno i nostri consigli a rendere più epica la sua esperienza e che è anzi probabile che l’imitazione che abbiamo denigrato perché non adatta al fiume, magari imperfetta nelle costruzione o non in auge con le tecniche moderne, gli regalerà le più memorabile delle catture…

Forse così si diventa pescatori a mosca…

 

Caro Maurizio, grazie di quanto scrivi, che mi ha fatto venire in mente simili analogie tra la fotografia e la pesca espresse da Stephen Shore in un testo presente in uno dei primi libri che mi abbiano influenzato davvero (Dialectical Landscapes, 1987). Qui lo si trova in inglese  – da oggi terrò vicini questi due testi… Quanto alle regole, siamo entrambi docenti dunque ne conosciamo bene le forze e le debolezze, e mi pare bello e ricco avere tanti pensieri su di esse.

 

Caro Luca, vero conosco il testo di Shore e ovviamente per più di una ragione ne sono rimasto affascinato. Ma la relazione con la pesca a mosca, mi è venuta in mente perché in una certa misura è una pratica che conosco meglio della fotografia, e se non meglio, ho iniziato a praticarla da quando avevo poco più di 12 anni.

Poco tempo fa ho letto un bel libro, A pesca nelle pozze più profonde, di Paolo Cognetti. Il giovane scrittore scrive : «A un certo punto del mio apprendistato mi misi in testa che, se volevo diventare un bravo scrittore di racconti, dovevo imparare a pescare», il libro si articola in tre parti; nella prima, in particolare, trova e motiva delle interessanti analogie tra il pescatore a mosca e lo scrittore di racconti. Da questo libro, e da come tratta le ragioni della sua scelta di diventare un pescatore a mosca, Cognetti mi ha fatto meglio comprendere le ragioni della mia passione per la fotografia attraverso dei parallelismi e delle riflessioni veramente acute e divertenti.

Io di sicuro non sono un “grande” pescatore a mosca, e non tanto per la mancanza di passione o di sensibilità o talento, ma perché negli ultimi anni ho diminuito molto la frequentazioni  di fiumi e torrenti, e questo tipo di pesca ha sicuramente bisogno di un minimo di continuità nella sua pratica, la natura è viva si muove, racconta sempre cose diverse, anche se non sembra, bisogna stare “aggiornati”…
Magari chi sta leggendo questi “post” sorriderà, ma se oltre che qualche fotografo, ci fosse anche qualche “moscaiolo” di quelli seri, potrebbe entusiasmarsi con le mie riflessioni.

La pesca, ovviamente non è una pratica prettamente ludica, lo è diventata nei secoli, per me è stata ragione di vita, da poco più che bambino fino ad oggi vado in visibilio già al solo pensare il corso d’acqua che mi vedrà in azione nella battuta di pesca, immaginandone i tratti:  lame di corrente veloce, cascate e pozze, dove le possibili prede sono ben mimetizzate aspettando con il muso verso la corrente insetti e altri animaletti da predare….

Definirei con il termine PASSIONE questo mio stato d’estasi, che ovviamente con gli anni forse ha perso quella parte sognatrice e immaginifica della giovane età, ma certo, come un grande amore, è rimasto un solco profondo nelle mia esistenza, e quando vedo l’acqua entro in un altro mondo.

Ora, non mi spingo in  complesse relazioni tra la pesca a mosca e la  fotografia e se legami fossero presenti, potrebbero essere vicende che appartengono alla stretta sfera personale o ancora meglio sensoriale; certo non posso negare che ci siano una o più similitudini quando mi presto a fermare la mia attenzione su un possibile soggetto o su una possibile preda.

Per quanto  mi riguarda trovo che il senso della posizione al fine di trovarsi in un punto privilegiato nei confronti della preda/soggetto, la relazione con il “tempo” o meglio l’attimo, e l’ovvia sorpresa del risultato dell’azione che abbiamo messo in atto, sono le azioni che accomunano in maniera molto semplificata le due azioni…

Ecco cosa forse cos’è la parte artistica  della fotografia, quella “vicenda” esperienziale che purtroppo si sta perdendo per colpa in primis dei fotografi/artisti (definizione  terribile) e poi di chi se ne occupa più o meno in maniera  diretta; per esperienziale intendo la relazione con la realtà con il fatto fisicamente di “esserci” dentro le proprie fotografie, e di cercare di non solo comprendere il soggetto, ma di definirlo con un approccio che non debba mettere a repentaglio il fatto stesso di fotografare.

Molto più facile e “glamour”, per fare un esempio, pensare che la fotografia possa essere “tratta” da photo editor di lusso, magari colti e e snob, dove la realtà, quella del “è stato” è stata “risignificata” da un’azione  molto spesso di una banalità inaudita: prelevarla dalla “rete” o da un archivio… che tristezza, o meglio che pochezza, e quanto poco dureranno i risultati prodotti da quella che per altro non è neanche un azione  così innovativa…
Tuttavia con questa “modesta” operazione, questi personaggi si spogliano dello scomodo appellativo di fotografo, e diventano magicamente artisti… ed ecco che torniamo al tuo catalogo comportamentale…:), nella tua descrizione, ci sono alcune azioni/condizioni  totalmente assenti negli  “artisti” menzionati.

Chi è un artista? Può, un artista lavorare con la realtà? Quale è il senso di questa operazione, quando il mondo “colto” dell’arte non ha ancora capito, non cos’è una fotografia (anche su questo ho qualche dubbio) , ma cosa vuole dire FOTOGRAFARE?

Beh, sai cosa caro Luca,  sicuramente si può produrre un buon progetto fotografico con l’iPhone, e se si ha talento, intelligenza e si ha ovviamente capito che dare senso alla realtà non è fare un semplice fotografia, dare senso ad una fotografia vuole dire cercare un’immagine, creando relazioni tra forma, significato, e soprattutto che sia decodificabile nel tempo, come le immagini che ci hanno preceduto sulle quali forse dovremmo riflettere ancora.

Siamo partiti dalla pesca a mosca e con questa vorrei chiudere ricordandoti che se vai sul torrente, senza un briciolo  di esperienza, senza anni di lanci e recuperi, senza saper leggere un fiume… ti conviene andare in pescheria, dove puoi catturare tutti i pesci che vuoi  proprio “come in/nella rete” ma non sarai mai un pescatore a mosca, perché  i pesci che prendi sono “MORTI” e pescati da qualcun  altro e al limite li puoi fare al forno… auspicando almeno un minimo  di coraggio e talento tra i fornelli…

 

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