Giovanni Impastato e le antenne alzate

Martedì scorso 28 aprile l’Accademia di Belle Arti G. Carrara di Bergamo ha ospitato un incontro con Giovanni Impastato, fratello di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978 – per una inquietante coincidenza lo stesso giorno dell’assassinio di Aldo Moro. Le vicende di queste persone sono state ben raccontate nel famoso film I cento passi di Marco Tullio Giordana, ma trovarsi di fronte a uno dei protagonisti reali è stata tutt’altra cosa.
È qui impossibile riassumere quanto Giovanni Impastato abbia detto ai nostri studenti, passando dalla narrazione dei fatti alle riflessioni su questi e collegandone la storia del tempo con quanto succede ai giorni nostri, con un discorso e un successivo intenso scambio di ragionamenti col pubblico che assisteva che è sempre stato molto chiaro e diretto. Un esempio di grande forza e significato, dimostrato con pacatezza e sincerità.

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Oltre all’emozione di sentir narrare in prima persona vicende tanto importanti, questo incontro mi ha confermato quanto la mattina avevo detto ai miei studenti: che è impossibile e sbagliato pensare che ogni attività, quale che sia, ma qui in particolare l’attività artistica, possa prescindere dalla coscienza che quanto facciamo sia legato al nostro tempo e alla nostra società. E che dunque la nostra attività sia sempre in qualche modo anche politica.

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La parola politica suscita oggi grandi difficoltà, per il suo essersi quasi identificata con il concetto di miserabile appartenenza partitica e per il degrado al quale è stata sottoposta nel tempo da una classe di amministratori mediocri quando non corrotti. Bisognerebbe però riconsiderarne l’altezza e l’immensità del significato e del ruolo, e ritrovarne, soprattutto nella pratica quotidiana, il senso di impegno e di coscienza che a essa appartiene – e dunque anche nell’attività artistica, che spesso è vista invece come ludica, scollegata dal tempo, consolatoria e così via.

Non voglio certo dire che la nostra attività debba per forza essere direttamente politica – vi sono certo espressioni d’arte fortemente impegnate e chiaramente orientate, mentre altri artisti seguono vie più sottili quando non esoteriche, assolutamente legittime. Quello che ho cercato di dire ai miei studenti è un’altra cosa, e cioè che bisogna essere coscienti del proprio ruolo e che questo comporta sempre delle responsabilità, tra le quali quella del senso di quello che facciamo rispetto al nostro tempo e alla nostra società, che è appunto a mio parere anche una responsabilità politica, civile. E dovremmo sempre essere anche orgogliosi di questo. Le antenne sempre alzate degli artisti captano e decodificano messaggi a volte misteriosi, e li trasmettono al mondo che sta loro intorno, in un flusso infinito di ricevere, e di dare. Dare.

 

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